La politica che mirava alla conquista di colonie è stata chiamata genericamente colonialismo. Inizialmente la conquista e la colonizzazione erano state realizzate prevalentemente da avventurieri, come Cortes e Pizarro, o da gruppi di emigranti, come quelli che inizialmente popolarono l'America del Nord o l'Australia. Invece nella seconda metà dell'Ottocento la politica coloniale venne organizzata e condotta direttamente dagli Stati, che impegnavano le proprie truppe e i propri armamenti, o talvolta da grandi compagnie private, appoggiate dai governi: il colonialismo fu quindi un aspetto della politica estera e militare delle grandi potenze.
Le vere ragioni di fondo furono economiche e politiche. Vi furono tuttavia anche altre motivazioni assai sentite dall' opinione pubblica. Certamente esse servirono spesso come propaganda, ma molta gente comune vi credette con sincerità e anche molti governanti e politici le tennero in considerazione, quanto meno per aumentare la propria popolarità.
Uno di questi motivi fu sicuramente il prestigio nazionale. Si riteneva comunemente, infatti, che una grande potenza non fosse tale se non affermava la propria superiorità attraverso la creazione di un impero coloniale.
Un altro motivo fu legato a una concezione per metà umanitaria e per metà razzista che sottolineava come il compito dell'uomo bianco, superiore e più evoluto, fosse quello di civilizzare le altre popolazioni.
Questa idea fu un' eccellente arma di propaganda, ma va detto che chi la condivideva, anche in buona fede, commetteva un grave errore di presunzione e si rivelava incapace di comprendere una verità che per noi oggi è scontata: che cioè possono esistere al mondo differenti modi di vivere, di pensare e di organizzarsi.
Bisogna però anche aggiungere che molti seguirono con sincera convinzione questo orientamento, spesso a prezzo di duri sacrifici, talvolta anche perdendo la vita. Legata all' ispirazione umanitaria fu in particolare la vasta presenza dei missionari, dei medici, degli esploratori nel continente africano.
Dai viaggi di esplorazione all'insediamento coloniale
Fino al XVI secolo il continente africano presentava solo forme di colonialismo commerciale, diffuso lungo le coste. Portoghesi, inglesi, francesi e olandesi si erano limitati a fondare varie basi sulle coste africane. Esse, da un lato, servivano da supporto ai bastimenti in rotta lungo le grandi vie di comunicazione marittima e, dall'altro, fungevano da centri di smistamento e raccoglimento delle merci e dei prodotti africani (oro, pelli, avorio, legni pregiati, caffè, pietre preziose) destinati ad essere esportati in Europa. Importante aspetto del colonialismo commerciale è il commercio degli schiavi, che prospera tra il XV e il XVIII secolo. In questo periodo un grande numero di africani (circa 11 milioni) viene rastrellato con incursioni e rapporti commerciali con alcune tribù africane dai mercanti di schiavi europei (detti "negrieri"). Essi poi provvedono a portarli con le loro navi attraverso l’Oceano Atlantico per venderli ai grandi latifondisti delle Americhe come schiavi adibiti alla coltura delle piantagioni. Questo commercio darà grandi guadagni ai "negrieri" e cesserà solo nel corso del Settecento e dell’Ottocento, quando dovunque si sancirà l’abolizione della schiavitù in seguito all'affermazione del pensiero illuminista.
Meno ricordato nell'ambito del commercio degli schiavi è il ruolo dello schiavismo arabo. I commercianti arabi, partendo dal Nord Africa, allacciarono anch'essi relazioni commerciali con tribù africane fino nell'Africa centrale; tra le merci che rientravano nel movimento commerciale, vi erano anche moltissimi schiavi africani, deportati dagli arabi verso i mercati arabici, iraniani e indiani. I viaggi degli Arabi in Africa (cominciati fin dal XI o dal XII secolo) portarono alla diffusione lenta e pacifica dell’Islam in vaste zone dell’Africa, ove esiste tuttora. L’attività commerciale araba cessò del tutto nel corso dell’Ottocento, quando venne soppiantata dalla penetrazione europea nel continente africano.
Dal XIX secolo il colonialismo moderno si è volto allo sfruttamento delle risorse dei paesi colonizzati. La penetrazione coloniale nell'entroterra in Africa è avvenuta solitamente dopo spedizioni esplorative, che hanno dato idea delle risorse dei vasti territori. In seguito a ciò, le potenze europee decidono di impossessarsi dei territori africani per avere fonti di risorse prime, nonché avere importanti basi commerciali. Talora è importante anche l’idea di avere dominio su vasti territori dove poter inviare molti cittadini della madrepatria (che così si libera di una parte eccedente della propria numerosa popolazione).
Inizia allora l’espansione coloniale, che raggiunge il suo apice nella seconda metà del novecento.
1. Le potenze europee iniziano una vera e propria “corsa alle colonie”: ogni paese invia in Africa contingenti militari per occupare i vasti territori africani dell’entroterra, formalmente ancora appartenenti a nessuno secondo gli europei (l’Africa era dichiarata res nullius) e ciò permetteva agli europei di appropriarsene senza scrupoli e ufficialmente, poiché era territorio sotto nessuna giurisdizione. I territori venivano occupati sia con la forza sia con la diplomazia (concludendo trattati con i capi dei popoli africani, con cui cedevano la loro sovranità alle potenze europee). Successivamente, i territori occupati dalle truppe vengono proclamati colonie dalla madrepatria, che ora li considera come suo territorio.
2. Dopo la semplice occupazione per mano dei militari del territorio, la madrepatria decide gradualmente la creazione di un'amministrazione e un esercito nelle colonie, modellate secondo il modello europeo.
Ovviamente la madrepatria ha interesse a mantenere il potere per mezzo di queste creazioni; inizia così l’invio di cittadini bianchi della madrepatria, che diventano i detentori del potere nelle colonie e la loro classe dirigente (seppur sempre soggetta alle decisioni della madrepatria). Essi mantengono nelle proprie mani ogni posto di potere politico; infatti solo funzionari bianchi occupano le posizioni chiave di potere nell'amministrazione e nell'esercito delle colonie create dalla madrepatria. I bianchi occupavano anche ogni posto di potere economico; infatti i bianchi si arricchiscono impiantando ovunque imprese volte allo sfruttamento delle risorse delle colonie (latifondi e piantagioni, imprese minerarie ed industriali), impiegando come manodopera sottopagata gli indigeni locali. Ovviamente da ciò trae profitto economico la madrepatria, verso cui vengono esportate queste risorse. Il potere è in mano ai bianchi (sempre una minoranza rispetto alla popolazione indigena).
Il loro dominio è imposto alle popolazioni indigene nere, costrette ad accettarlo con la forza; ogni loro tentativo di resistenza era spezzato dalla violenza delle truppe coloniali bianche. Sull'atteggiamento dei bianchi verso i neri è determinante la convinzione razzistica dei colonizzatori bianchi di essere superiori alle popolazioni indigene. Ciò spiega le vessazioni e talora le atrocità che subiranno i neri da parte dei bianchi durante il colonialismo. Le truppe coloniali di tutti i paesi europei ricorrevano spesso, per incutere timore negli indigeni e sedare le loro ribellioni, a metodi spietati e atrocità, come la distruzione di villaggi, la cattura di ostaggi che subivano torture, esecuzioni di massa e massicce deportazioni. In certi paesi si arrivava addirittura allo sterminio di interi popoli indigeni che si erano dimostrati contrari al predominio.
Le popolazioni nere si ritrovano integrate nelle strutture politiche ed economiche create dai colonizzatori bianchi europei, trovandosi a loro sottomesse: esse sono perciò costrette ad accettare lingua, religione cristiana e cultura europea. Tuttavia le élite delle popolazioni indigene (come capi di tribù) spesso possono trarre alcuni vantaggi dal colonialismo: infatti essi possono avere qualche speranza di ascesa sociale. Per esempio essi possono presiedere a posti di non molta importanza nell'amministrazione coloniale creata dagli europei e assorbire la loro cultura, studiando presso scuole europee. Ma i ceti popolari neri sono completamente esclusi dalle decisioni politiche. Essi spesso sono ridotti ad essere dipendenti dai bianchi (come manodopera malpagata al loro servizio o soldati semplici nell'esercito coloniale), vivendo in condizione di povertà e ignoranza.
Il colonialismo ha quindi portato a un impoverimento dei popoli neri delle colonie, sia in termini economici sia in termini culturali (infatti, i bianchi hanno distrutto la cultura e lo stile di vita dei popoli indigeni neri, imponendo il proprio, e sfruttano le loro ricche risorse naturali). Inoltre la soggezione politica dei neri (imposta dai colonizzatori bianchi) impedisce loro di sviluppare una coscienza politica e nazionale e di essere capaci di governarsi autonomamente.
La prima colonia bianca di tutto il continente fu fondata negli olandesi nel 1652, nell' estremità meridionale dell'Africa dove oggi sorge Città del Capo. Nata inizialmente solo per rifornire di acqua, verdure fresche e carne le navi della compagnia olandese delle Indie orientali dirette a Giava, ben presto cominciò ad espandersi nell'entroterra. I boeri (così si chiamarono dal termine olandese boers che significa "contadini" gli olandesi trapiantati al Capo) finirono per scontrarsi con le popolazioni locali, gli Ottentotti e i Boscimani, che uscirono sconfitti e decimati. Stessa sorte toccò attraverso ben otto guerre ai Xhosa, una popolazione di origine bantu.
Anche i boeri però non ebbero vita facile. Dal 1806 la loro piccola colonia passò sotto il controllo inglese e con le autorità britanniche arrivò anche un nuovo tipo di governo e di mentalità. Quando nel 1834 la Gran Bretagna abolì la schiavitù, non solo al Capo, ma in tutto il suo impero coloniale, i boeri abbandonarono in massa la colonia che essi stessi avevano fondato e cominciarono a cercare nuove terre, dove poter essere indipendenti e continuare ad usare gli schiavi. Questo esodo in massa venne chiamato Grande Trek, cioè grande migrazione, e spinse i discendenti degli olandesi sempre più a est e a nord, verso le attuali province sudafricane del Natal, Transvaal e dell' Orange.
Bartolemo Dias Nel XV secolo, i Portoghesi circumnavigano l'Africa, imprese che richiese 54 anni, dal 1434 che vide la scoperta di Capo Bojador, nell'odierno Marocco, al 1488, quando Bartolomeo Dias doppiò il Capo di Buona Speranza.
Solo dopo 400 anni, però, la necessità di reperire materie prime agricole e minerarie, causata dalla rivoluzione industriale, diede un nuovo impulso all'esplorazione. Le grandi esplorazione della prima metà dell' 800 furono: quella del corso del Niger, quella del delta del Niger, quella delle sorgenti del Nilo, della via transahariana a Timbuctù e al lago Ciad. L'800 fu anche il secolo dei missionari pionieri, impegnati a portare "salvezza e civiltà" in Africa, lottando contro la fame, le malattie soprattutto contro la tratta degli schiavi. La loro opera servì anche ad aprire nuove vie commerciali e a favorire l'insediamenti degli europei in zone prima inaccessibili, grazie all'uso della medicina preventiva contro alcune malattie endemiche, quali la malaria curata col chinino.
La famosa scena del ritrovamento di Livingstone Il missionario esploratore più famoso fu David Livingstone. Dal 1840 al 1873 compì tre lunghi viaggi che lo portarono attraverso il deserto del Calahari a compiere la prima traversata dall'area intertropicale africana, dalla costa angolana, al Mozambico e infine ad avventurarsi nell'area equatoriale tra i grandi laghi e il bacino dello Zambesi. Malato e isolato dal mondo nel 1871 venne ritrovato sul lago Tanganica dal giornalista americano Henry Stanley, incaricato della sua ricerca dal "New York Herald". L'epoca delle grandi esplorazioni entrò in una nuova fase: la conoscenza del territorio ormai era finalizzata all'espansione e alla conquista europea. In Europa infatti alla fine del secolo, si era scatenata la corsa alla spartizione dell'Africa.
Le cause che avrebbero innescato lo scramble (la corsa alla conquista dell'Africa) sono un problema storiografico molto dibattuto. Possiamo qui individuare alcune interpretazioni:
Spiegazioni generali del fenomeno coloniale del XIX secolo:
Interpretazione economica (la più celebre, avanzata da Hobson per la prima volta e ripresa da Lenin).
Fattori culturali e ideologici: la sicurezza di sé propria della società europea del XIX secolo, il fardello dell'uomo bianco e la giustificazione del diritto degli europei a soggiogare gli altri popoli (e gli africani in particolare) in nome di una presunta missione civilizzatrice o di una superiorità di razza.
Rivalità fra le grandi potenze e desiderio di procurarsi un impero coloniale che potesse rivaleggiare con l'Impero britannico.
Spiegazioni specifiche relative all'Africa:
Lo scramble fu innescato dalla conquista informale dell'India da parte della Gran Bretagna.
Lo scramble fu innescato dalle mire del re belga Leopoldo II, sul bacino del Congo, che misero in allarme le potenze europee (Francia e Gran Bretagna in primo luogo).
Lo scramble fu innescato dalla richiesta di merci per il "commercio legittimo" da parte dei mercanti europei che commerciavano con l'Africa dopo la fine della tratta degli schiavi (spiegazione valida in particolare per l'Africa occidentale).
In generale possiamo dire che i benefici economici che le nazioni europee trassero dai loro possedimenti coloniali africani furono sempre molto minori di quelli che i promotori delle imprese coloniali si aspettavano (se non proprio assenti). La conquista dell'Africa fu accompagnata da una buona dose di improvvisazione e di suggestioni quasi mitiche (l'accesissima rivalità fra Francia e Gran Bretagna per mettere le mani sulle sorgenti del Nilo che sfociò nel confronto di Fascioda). Questo non toglie ogni validità alla spiegazione economica (quello che gli europei credevano poteva essere più importante dell'effettiva importanza economica dei territori che conquistarono) ma spinge a rivalutare i fattori politici. Spiega inoltre perché le potenze europee si siano rassegnate con relativa facilità a rinunciare ai loro imperi coloniali dopo la seconda guerra mondiale.
Stati creati dalle potenze coloniali
A Berlino nel 1884-85 la Francia, l'Inghilterra, il Belgio, il Portogallo, la Spagna, l'Italia e la Germania assieme ad altri stati si riunirono in una conferenza per decidere come spartirsi il continente. Da questo accordo, attuato poi con campagne militari, nacquero le colonie africane, i cui confini furono praticamente tracciati a tavolino senza tener conto delle popolazioni africane. Nel 1914 solo l'Etiopia e la Liberia erano rimaste indipendenti. Gli inglesi tenevano il possesso dalla fascia di colonie dall'Egitto alla colonia del Capo, attraversando verticalmente tutta l'Africa. Conquistarono inoltre Gambia, Sierra Leone, Costa d'Oro e Nigeria. I francesi miravano a collegare i loro possedimenti nell'Africa occidentale con Gibuti e la Somalia francese sul Mar Rosso, mentre i Tedeschi volevano collegare Camerun e Africa del Sud Ovest con il Tanganica, minacciando il possesso belga del Congo e quello portoghese dell'Angola. Da questi opposti interessi nacquero spesso incidenti diplomatici e militari, che portarono più di una volta sull'orlo di guerre coloniali. Tuttavia, accordi internazionali garantirono la permanenza del Belgio e del Portogallo nelle rispettive colonie. Gli unici mutamenti di rilievo rispetto alla spartizione dell'Africa si così come essa si presentava nel 1914 di dovettero alla sconfitta tedesca nella prima guerra mondiale. Le colonie africane della Germania passarono rispettivamente alla Francia e alla Gran Bretagna (il Camerun, il Togo, entrambi divisi in due parti, il Tanganica), al Belgio (il Ruanda-Urundi) e al Sudafrica (l'Africa del Sud-Ovest).
La spartizione del continente
Colonie, territori e protettorati britannici:
Egitto, occupato nel 1882 ma formalmente ottomano fino al 1914, indipendente dal 1936 ma sotto controllo britannico fino al 1956
Sudan Britannico
Africa Orientale Britannica:
Kenya
Uganda
Tanganica attuale Tanzania dal 1918 a seguito della sconfitta tedesca nella I guerra mondiale assegnata come mandato della Società delle Nazioni
Somalia Britannica
Africa Centrale Britannica:
Rhodesia del Nord attuale Zambia
Rhodesia del Sud attuale Zimbabwe
Nyassaland attuale Malawi
Africa Meridionale Britannica:
Bechuanaland attuale Botswana
Sudafrica, ottenne l'autonomia interna come dominion già nel 1910 come Unione Sudafricana battendo le repubbliche dei due boeri (contadini che si erano stanziati nell'Africa del Sud) in guerra
Swaziland
Basutoland attuale Lesotho
Africa del sud - ovest attuale Namibia dal 1918 a seguito della sconfitta tedesca nella I guerra mondiale viene assegnata all'Unione Sudafricana in mandato della Società delle Nazioni
Africa Occidentale Britannica:
Gambia
Sierra Leone
Nigeria
Camerun occidentale 1/5 del Camerun Tedesco (attuale Camerun) dal 1918 a seguito della sconfitta tedesca nella I guerra mondiale assegnato come mandato della Società delle Nazioni
Costa d'Oro (attuale Ghana)
Colonie, territori e protettorati francesi:
Colonie, territori e protettorati tedesche: (dopo la prima guerra mondiale ceduti come mandati a Francia, Regno Unito e Belgio)
Colonie, territori e protettorati portoghesi:
Colonie, territori e protettorati italiani:
Colonie, territori e protettorati del Belgio:
Colonie, territori e protettorati spagnoli:
Nazioni indipendenti:
Sintesi dei possedimenti europei
Situazione nel 1939:
Totale Territori Europei: 30.179.386 Km² nel 1939
Situazione nel 1951:
Totale Territori Europei: 27.050.960 Km² nel 1951
Situazione nel 1961:
Totale Territori Europei: 10.712.186 Km² nel 1961
Situazione nel 1971:
Totale Territori Europei: 2.801.626 Km² nel 1971
Le conseguenze della colonizzazione
In Africa possiamo parlare di colonie di sfruttamento: il dominio europeo mirò infatti per lungo tempo a coinvolgere le deboli economie africane in attività funzionali agli interessi europei, spesso con metodi coercitivi, come, ad esempio, l'incameramento di terre destinaste alle piantagioni (caffè; palma ecc), il lavoro forzato degli indigeni, l'imposizione di alte tasse. Queste pratiche ebbero effetti distruttivi sulle società africane, costrette a distorcere le loro povere agricolture verso produzioni indirizzata ad altri mercati, con gravi ripercussioni sulle popolazioni, condannate ad una condizione di sottosviluppo, aggravata dal fatto che venne a lungo trascurata l'attività industriale. Le conseguenze negative non furono controbilanciate a sufficienza dal miglioramento delle comunicazioni e dei servizi, dalla diffusione dell'istruzione e dai progressi sanitari, che restarono a lungo circoscritti agli strati superiori delle popolazione.
Il colonialismo alterò inoltre i connotati specifici delle genti africane, spezzando la continuità con il passato di comunità immesse in formazioni statali ritagliate in modo artificioso sul piano economico e su quello etnico.
Mentre in Asia e nell'area mediorientale e nordafricana i paesi sottoposti a dominio coloniale disponevano in generale di solide tradizioni nazionali e religiose, di una classe dirigente formatasi nell'amministrazione locale dei dominatori, in Africa la situazione era molto differente e questo provocò grossi problemi soprattutto durante la decolonizzazione.
I dominatori europei avevano stravolto nell'Africa nera Stati e istituzioni, identità culturali e modi di vita, con una netta rottura rispetto all'evoluzione in atto prima della conquista.
I colonizzatori avevano frantumato le formazioni statali preesistenti nell'Africa centro-meridionale senza tener conto dei dati geografici ed etnici e ne disegnarono di nuove dai confini artificiali; spesso furono in tal modo isolate singole parti di uno stesso popolo, anche nell'intento di ostacolare la nascita di nazioni più compatte e di perpetuare l’antica frammentazione tribale.
L’emancipazione dell’Africa nera avvenne mantenendo gli arbitrari confini tracciati dai colonizzatori, senza considerazione per le compatibilità e le rivalità etniche e tribali che caratterizzavano la tradizione sociale di quei popoli. Ne risultarono compagini statali precarie, lacerate da contrasti e incapaci di un autonomo sviluppo economico, strettamente dipendenti dalle politiche commerciali degli antichi dominatori.
L’esplosione demografica, non sorretta da una agricoltura sufficientemente produttiva, e l’instabilità politica, la sperequata distribuzione delle opportunità e la gestione irrazionale delle risorse interne e degli investimenti stranieri hanno determinato uno sviluppo rallentato, in qualche caso neppure sufficiente al sostentamento alimentare dei settori più poveri della popolazione.
La decolonizzazione
Dopo la fine della seconda guerra mondiale i colonizzatori avevano capito che era assai difficile opporsi ai movimenti per l’indipendenza e che era più opportuno assecondare il cammino verso l’emancipazione per conservare una parte della propria influenza.
Il solo caso tra le ex colonie britanniche in cui l’emancipazione avvenne dopo sanguinosi contrasti fu il Kenya, che Jomo Kenyatta aveva una forte popolazione bianca, proprietaria delle terre, la quale si opponeva alla decolonizzazione. La lotta fu sostenuta soprattutto dalle tribù dei Kikuyu, guidate dall'etnologo Jomo Kenyatta, che impiegò metodi terroristici ai quali le autorità coloniali risposero con una repressione che causò 40.000 morti.
Particolarmente drammatica fu la sequenza degli avvenimenti nel Congo Belga le cui Patrice Lumumba popolazioni, sottoposte a un duro sfruttamento, vivevano in condizioni di estrema arretratezza socio-economica e costituivano una dispersa galassia di tribù bantù suddivise in migliaia di clan. Il Belgio diede l’indipendenza alla colonia nel 1960 lasciandola in balia di se stessa.
Il potere fu preso da Patrice Lumumba, sostenitore di uno stato unitario ma subito dopo si aprì una lunga guerra civile, nel corso delle quali Lumumba fu ucciso e vennero compiuti numerosi massacri etnici. Nel 1965 il generale Mobutu riuscì a porre fine alla disgregazione del Congo (ribattezzato Zaire nel 1971) con metodi repressivi e dittatoriali.
Un caso di decolonizzazione tardiva e violenta fu quella delle colonie portoghesi, la Guinea-Bissau, l’Angola e il Mozambico, dove movimenti di liberazione di varia ispirazione organizzarono una lotta armata, sostenuta dai paesi vicini che il Portogallo cercò di soffocare con un vano intervento militare. Il colpo di stato del 1974 che allontanò il dittatore Oliveira Salazar e avviò il Portogallo sulla via della democrazia, portò all'indipendenza delle colonie portoghesi.
Battaglia di Isandlwana
La battaglia di Isandlwana ebbe luogo il 22 gennaio del 1879 nei pressi dell'omonima montagna del Sudafrica orientale, nel corso della guerra anglo-zulu.
Gli zulu sono di etnia e lingua bantu e si trovano principalmente nell'area della provincia di KwaZulu-Natal in Sudafrica. Parlano lo isiZulu, una lingua bantu appartenente al sottogruppo nguni. Il loro nome deriva da amazulu, che in isiZulu significa "gente del cielo".
Primo scontro su larga scala della guerra, la battaglia vide una forza britannica di circa 1.800 uomini tra truppe regolari e coloniali, comandata dal tenente colonnello Henry Pulleine e dal colonnello Anthony Durnford, confrontarsi con l'armata principale del Regno Zulu, guidata dai comandanti Ntshingwayo kaMaholr Khozab e Mnyamana kaNgqengelele, forte di 20.000 guerrieri. Le forze zulu colsero di sorpresa l'accampamento nemico e dopo un duro combattimento annientarono quasi completamente il contingente britannico.
La disfatta patita dalle forze britanniche nella battaglia provocò grande costernazione in patria e obbligò il comandante in capo lord Chelmsford a interrompere l'invasione del regno zulu per rivedere tutta la sua strategia. Lo scontro rappresentò la peggiore sconfitta riportata dalle forze armate britanniche contro un nemico tecnologicamente inferiore, e le perdite risultarono le più alte mai patite dal British Army contro un nemico africano; insieme con la battaglia di Adua (1º marzo 1896), Isandlwana rappresentò una delle maggiori vittorie riportate da un esercito indigeno dell'Africa nera contro una forza coloniale europea.
Battaglia di Ginginhlove
In seguito ad una zelante campagna pacifica, nell'Africa meridionale e orientale le truppe britanniche domarono i bellicosi Zulu; qui rappresentata la parte finale della tremenda battaglia di Ginginhlove, 2 April 1879.
Tortura ai danni di una schiava africana da parte del capitano John Kimber.
Diversamente dall'equipaggio della Zong, Kimber fu processato per l'omicidio di due schiave.
Il massacro della Zong fu l'uccisione di massa di 142 schiavi africani da parte dell'equipaggio della nave negriera Zong nei giorni successivi al 29 novembre 1781. La Zong era di proprietà di un gruppo di commercianti di schiavi di Liverpool che aveva stipulato un'assicurazione sulla loro vita; quando la nave si trovò in acque basse per colpa di alcuni errori nella navigazione, l'equipaggio iniziò a gettare in mare alcuni schiavi: i proprietari della Zong fecero quindi istanza di rimborso presso l'assicurazione per la perdita e, quando gli assicuratori si rifiutarono di pagare, il risultante dibattito giudiziario dapprima sostenne che, in alcune circostanze, l'uccisione deliberata di schiavi era una pratica legale e che quindi gli assicuratori sarebbero stati tenuti a risarcire i commercianti.
Gli assicuratori della Zong fecero istanza di appello, ma nonostante gli sforzi, nessuno fu processato per l'omicidio degli africani.
Il massacro
Il 27 o il 28 novembre la Giamaica fu avvistata a una distanza di 27 miglia nautiche (50 km), ma fu erroneamente identificata come la colonia francese di Saint-Domingue, sull'isola di Hispaniola. La Zong quindi continuò la sua rotta verso ovest, lasciandosi alle spalle la Giamaica. Questo errore fu riconosciuto solo quando la nave si trovò ormai a 300 miglia (480 km) sottovento dall'isola. Il sovraffollamento, la malnutrizione, gli incidenti e le malattie avevano già ucciso parecchi marinai e circa 62 schiavi africani. James Kelsall dichiarò in seguito che vi era acqua solo per quattro giorni quando fu scoperto l'errore di navigazione, con la Giamaica ancora a 10-13 giorni di distanza.
Se gli schiavi fossero morti a terra, gli armatori di Liverpool non avrebbero goduto di alcun risarcimento dai loro assicuratori; allo stesso modo, se gli schiavi fossero deceduti per una "morte naturale" in mare, altresì l'assicurazione non avrebbe risposto.
Ma se alcuni schiavi fossero stati espulsi per salvare il resto del "carico" o la nave stessa si sarebbe potuto rivendicare il danno; l'assicurazione della nave copriva la perdita di schiavi a 30 £ ciascuno.
Il 29 novembre l'equipaggio, riunito in assemblea, iniziò a prendere in considerazione la proposta di gettare in mare alcuni schiavi. James Kelsall dichiarò in seguito che era, in un primo momento, in disaccordo con tale intenzione, ma ben presto la proposta fu approvata all'unanimità. Il 29 novembre 54 donne e bambini furono gettati in mare dalle finestre della cabina; il 1º dicembre la stessa sorte toccò a 42 schiavi maschi che furono seguiti da 36 schiavi nei giorni successivi.
Altri 10 schiavi si gettarono in mare come sfida alla disumanità degli schiavisti. Dopo aver sentito le urla delle vittime gettate in mare, uno schiavo chiese che ai restanti africani fosse negato cibo e acqua, piuttosto che essere gettati nel mare, ma tale richiesta fu ignorata dal personale di bordo. Il racconto fatto durante il processo riferisce che uno schiavo gettato in mare riuscì poi a risalire sulla nave.
Successivamente è stato sostenuto che gli schiavi furono gettati in mare perché la nave non aveva acqua sufficiente per mantenerli vivi per il resto del viaggio. Tale racconto fu successivamente contestato, poiché la nave possedeva ancora 420 galloni imperiali (1.900 litri) di acqua quando arrivò nella Giamaica il 22 dicembre. In una dichiarazione giurata fatta da Kelsall è stato segnalato che il 1º dicembre, quando 42 schiavi furono uccisi, piovve intensamente per più di un giorno, e ciò consentì di approvvigionarsi di sei botti d'acqua (sufficienti per undici giorni).
Il 22 dicembre 1781 la Zong arrivò a Black River, in Giamaica, con 208 schiavi a bordo, meno della metà di quelli che erano stati imbarcati in Africa. Gli schiavi furono venduti per un prezzo medio di 36 £ ciascuno. La legittimità della cattura della Zong fu confermata dal tribunale del vice-ammiragliato giamaicano e la nave fu ribattezzata Richard of Jamaica.