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Mombasa

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Mombasa Island, Kenya. Aerial view
Mombasa Island, Kenya. Aerial view

 

Mombasa, il più importante porto sulla costa orientale africana (1,2 milioni di abitanti), si trova sull'omonima isola separata dal continente da due piccoli fiumi. Ha il più importante porto sulla costa orientale africana e un aeroporto internazionale, ed è un luogo di passaggio quasi obbligato per il turismo nelle zone costiere della nazione. Il nome arabo originale della città è Manbasa; in kiswahili si chiama Kisiwa Cha Mvita (abbreviato in Mvita), che significa "isola di guerra", a ricordare le numerose contese per il controllo della città.
L'isola è circondata da due fiumi, Tudor Creek e Kilindini Harbour. A nord è collegata alla terraferma dal ponte Nyali Bridge, a sud dal servizio di traghetti Likoni Ferry, e a ovest dalla Makupa Causeway che la congiunge alla ferrovia dell'Uganda (Uganda Railway). Il porto serve sia il Kenya che le nazioni dell'entroterra, consentendo il traffico da e verso l'Oceano Indiano. La città è servita dal Moi International Airport situato nel sobborgo di Chaani, a nord ovest sulla terraferma.
È una città calda, fumosa e ricca di storia, risalente al XII sec. La città è menzionata dal geografo Tolomeo. Da secoli dominio esclusivo dei mercanti musulmani, la città venne in passato attaccata dai Portoghesi che, nel 1505, la rasero al suolo sotto il comando di Dom Francisco. Fu ricostruita in fretta e furia per essere poi nuovamente ridotta a un ammasso di macerie da un governatore di Mombasa, armato fino ai denti che, con l'aiuto della popolazione locale, si rivoltò contro i nuovi dominatori e riuscì a espugnare il forte massacrando i militari di stanza. L'anno seguente una flotta inviata da Lisbona riuscì a riconquistare la piazzaforte e la popolazione locale abbandonò Mombasa.

Passeggiando per la Città Vecchia, che reca ancora molte testimonianze di questo turbolento periodo, potrete ammirare molti deliziosi balconi e facciate dei negozi in legno decorato.
Qui l’atmosfera è permeata dal vociare della popolazione locale e dai rumori provenienti dalle botteghe artigiane. Tra la quindicina di moschee che sembrano gareggiare ad esporre il proprio minareto, spicca la moschea più antica della città, la Moschea Mandhry, risalente al 1570.

Biashara Street (in swahili "Strada del Mercato") si trova nella città vecchia; i mercanti arabi e indiani hanno in questa strada negozi che vendono "kanga" (abiti di cotone, indossati dalle donne swahili, stampati a colori sgargianti e non raramente con frasi e slogan), "bui bui" (velo scuro portato dalle donne swahili) e "kikoi" (un tipo particolare di sarong a strisce colorate indossato dagli uomini).
La Moi Avenue è celebre per le sue grandi zanne di elefante in alluminio, simbolo della città. Si tratta delle famose zanne di alluminio che sovrastano l’arteria centrale della città: quattro zanne d’elefante dal bianco colore che richiama l’avorio, posizionate ad incrociarsi e a comporre altrettanti archi nelle due corsie di marcia di Moi Avenue (un tempo Kilindini Road). Le due iconiche zanne (Mapembe ya Ndovu) furono erette in onore della visita nella città della Regina Elisabetta, che soggiornò al Mombasa Yachting Club nel 1952. Originariamente le zanne erano di legno e furono erette proprio perché si sapeva che il Sovrano Britannico sarebbe passato da quella strada per recarsi dall'aeroporto di Mombasa alla residenza sul mare. L’idea era di rimuoverle quando la regina avrebbe fatto ritorno in patria, ma le zanne diventarono un’attrazione. Fu così che nel 1956 la Municipalità decise di ricostruirle ancora più imponenti, utilizzando l’alluminio che avrebbe più facilmente resistito al caldo e alle piogge. Tant'è che, con qualche riverniciata stagionale, le zanne sono ancora lì a campeggiare nel cuore della città ed oggi, oltre a cataloghi per viaggiatori, francobolli e immagini digitali, accolgono i selfie di turisti da tutto il mondo e ricordano che il Kenya è il Paese della fauna selvaggia e della savana, che dista poco più di cento chilometri dalla stessa Mombasa.
Proseguendo verso il porto nuovo è possibile incontrare il Mbaraki Pillar, antico faro fatto di pietra corallina ed ancor prima tomba dell’ultimo capo dei Chamgamwe, una delle 12 tribù originarie della zona in cui sorge la città. È il secondo dei monumenti storici più rilevanti della città di Mombasa, qualcuno narra che al suo interno sia intrappolato uno spirito magico con abilità guaritrici. A pochi passi dal faro, si trova una Moschea con delle sale di preghiera. Andando invece verso il porto vecchio si arriva al Tempio Hindu (Shree Cutch Satsang Swaminarayan).

L'attrazione principale della parte vecchia è Fort Jesus, la fortezza che domina l'ingresso al porto
: straordinario esempio di architettura militare costruita dai portoghesi nel 1593. Il sito scelto era una cresta corallina all'ingresso del porto. Il Forte è stato progettato da un architetto e ingegnere italiano, Joao, Batista Cairato. La prima pianta conosciuta del Forte si trova in un manoscritto Atlas di Manuel Godinho de Heredia - datato 1610 che mostra la disposizione originale degli edifici all'interno del Forte. L'organizzazione e la forma riflette l'ideale rinascimentale che sosteneva che la proporzione perfetta e la geometria armoniosa si potessero trovare nel corpo umano. L'area del forte con gli annessi copre un'area di 2,36 ettari.
Fort Jesus è stato costruito per garantire la sicurezza dei portoghesi che vivevano sulla costa orientale dell'Africa. Ha avuto una lunga storia di ostilità, forse nessun Forte in Africa ha sperimentato turbolenze come Fort Jesus.
Forte Jesus fu catturato e riconquistato almeno nove volte tra il 1631, quando cadde nelle mani del sultano Yusuf ibn al-Hasan di Mombasa e il 1895 quando cadde sotto il dominio britannico e fu trasformato in prigione e tale rimase fino al 1958 quando i britannici, riconoscendone il valore storico spostarono le prigioni altrove cominciandone i restauri. Quando i portoghesi lo riconquistarono nel 1632, lo ristrutturarono e costruirono altre fortificazioni, rendendo successivamente più difficile la caduta del forte. Il forte fu oggetto di un epico assedio di due anni dal 1696-98 ad opera degli arabi dell'Oman, guidati da Saif bin Sultan. La cattura del forte segnò la fine della presenza portoghese sulla costa, anche se i portoghesi catturarono e rioccuparono brevemente il Forte tra il 1728 e il 1729 con l'aiuto delle città-stato Swahili. Il Forte cadde sotto il dominio di signori locali tra il 1741 e il 1837, quando fu nuovamente catturato dagli Omaniti e usato come caserma, prima della sua occupazione da parte degli inglesi nel 1895, dopo la nascita del Protettorato del Kenya.
Oggi il forte ospita un museo che illustra le tradizioni Swahili e le testimonianze della presenza di cinesi, indonesiani, malesi e indiani in città. Una botola da accesso ad una sala sotterranea dove gli schiavi venivano fatti ingrassare prima di essere trasferiti verso le coste arabe o nelle piantagioni di chiodi di garofano a Zanzibar. La fortezza presenta un'interessante combinazione di elementi architettonici italiani, portoghesi e arabi. Tutte le sere alle 19 è possibile assistere ad uno spettacolo di suoni e luci che ricorda la tumultuosa storia del forte.

Il nucleo centrale della città si sviluppò sull'Isola Mombasa, collegata alla terraferma tanto a nord quanto a sud.
La stazione ferroviaria si trova al centro dell'isola, vicina a numerosi buoni alberghi, ristoranti e luoghi interessanti.
Una fascia di bellissime spiagge si estende lungo la costa appena a sud della città. Mombasa è collegata a Nairobi da numerosi voli, treni e autobus.
È in funzione anche un regolare servizio di autobus e traghetti tra Mombasa e la Tanzania.

La popolazione è prevalentemente costituita da Mijikenda/Swahili, nonché una popolazione significativa di Luo e Luhya provenienti dal Kenya occidentale. Le principali religioni praticate in città sono l'Islam, il Cristianesimo e l'Induismo. Nel tempo la città ha ricevuto moltissimi immigrati, soprattutto provenienti dal Medio Oriente e dall'India, commercianti e artigiani, che contribuiscono in modo importante all'economia della città. L'immigrazione più recente proviene principalmente dall'entroterra keniota, ed è soprattutto legata alle opportunità di lavoro derivanti dall'industria del turismo.

Mombasa a nord e a sud è circondata da centinaia di chilometri di spiagge caratterizzate da sabbia finissima. Qui le spiagge non hanno nulla da invidiare a nessun’altra località di mare del mondo. Il mare è incontaminato ovunque e allontanandosi leggermente dalle strutture più attrezzate si ha l’impressione di essere sbarcati su un’isola deserta. Le spiagge costituite di sabbia bianchissima sono protette dalla barriera corallina facilmente raggiungibile a nuoto o a piedi durante la bassa marea.

Pillole di storia:
La città fu fondata nell'XI secolo dai mercanti arabi, col nome di Manbasa; rapidamente divenne il principale polo commerciale dell'Africa orientale. Da qui partivano le esportazioni di avorio e di schiavi. La città fu visitata nel 1151 dall'esploratore arabo Al Idrissi, e nel 1330 dal marocchino studioso e viaggiatore Ibn Battuta. Il cinese Zheng He getta l'ancora in Mombasa nel 1418 e nel 1422.
Vasco de Gama fu il primo europeo del quale risulta che abbia visitato Mombasa ricevendo una fredda accoglienza, nel 1498. Due anni dopo la città fu saccheggiata dai portoghesi prima dell'arrivo di Francisco de Almeida e João da Nova. Nel 1502 Mombasa divenne un sultanato indipendente da Kilwa Kisiwani ed è stata appunto ribattezzata come Mvita (in Swahili) o Manbasa (in arabo).
Il Portogallo attaccò di nuovo la città nel 1528. Nel 1585 i turchi ottomani guidati da Emir 'Ali Bey fomentarono rivolte a Mombasa contro i padroni di casa portoghesi; solo Malindi rimase fedele al Portogallo.
I cannibali Zimba (o Jagga per i portoghesi) superate le città di Sena e Tete sullo Zambezi, nel 1587 presero Kilwa, uccidendo 3.000 persone.
A Mombasa gli Zimba macellarono gli abitanti musulmani; ma furono fermati a Malindi dai Segeju di lingua bantu e tornarono a casa. Questo stimolò i portoghesi a prendere in consegna Mombasa per la terza volta nel 1589, e quattro anni più tardi costruirono Fort Jesus per amministrare la regione. Tra il Lago Malawi e la foce dello Zambesi, Kalonga Mzura, capo dell'Impero Maravi, fece un'alleanza con i portoghesi nel 1608 e mise in campo 4.000 guerrieri per aiutarli a sconfiggere i rivali Zimba, guidati dal capo Lundi.
Il nome del Malawi è una derivazione della parola Maravi. Il popolo dell'Impero Maravi erano lavoratori del ferro. Il nome Maravi significa "raggi di luce" e può provenire dalla vista di numerose fornaci che illuminano il cielo notturno.
Dal 1593 la città fu governata da un rappresentante del Portogallo, e nel 1638 divenne ufficialmente una colonia portoghese, acquisendo un ruolo importante come roccaforte per il collegamento verso le colonie in India.
Con la cattura di Fort Jesus nel 1698, la città passò sotto l'influenza del Sultanato dell'Oman, subordinato ai governanti dell'Oman sull'isola di Unguja , spingendo regolari ribellioni locali. In questo periodo si succedettero tre governatori (detti Wali in arabo e Liwali in swahili).
In seguito la città tornò sotto il controllo portoghese con Álvaro Caetano de Melo Castro (12 marzo 1728 - 21 settembre 1729), poi di nuovo sotto Oman fino al 1746, per poi diventare sultanato indipendente e rimanerlo fino al 1826 (dal 9 febbraio 1824 fino al 25 luglio 1826 il sultanato fu protettorato inglese). Gli Oman tornarono al potere nel 1826. Alla fine degli anni 1830 fu annessa al Sultanato di Zanzibar.
Il 25 maggio 1887 l'amministrazione di Mombasa fu acquisita dalla British East Africa Association inglese e nel 1898 passò completamente sotto il controllo britannico, diventando capitale del British East Africa Protectorate, che ne fece il punto d'arrivo della ferrovia dell'Uganda. Per lavorare alla ferrovia furono portati a Mombasa molti operai dall'India britannica. Dal 1º luglio 1895 Mombasa divenne parte del protettorato inglese del Kenya, che comprendeva una striscia costiera nominalmente sotto la sovranità di Zanzibar.
Mombasa rimase nello stato di Zanzibar fino al 12 dicembre 1963, in cui fu ceduta al neonato stato indipendente del Kenya.
Nel 2002 (il 28 novembre) Mombasa fu teatro di un attacco terroristico contro il Paradise Hotel, di proprietà israeliana; morirono tre israeliani e dieci kenioti. Pochi minuti prima era fallito un tentativo di abbattimento, con missili terra-aria, di un Boeing 757 della linea aerea israeliana Arkia Boeing 757 decollato dall'aeroporto di Daniel arap Moi (arap vuol dire figlio di). La responsabilità di entrambi gli attentati fu attribuita ad Al-Qaeda.

Shri Cutch Satsang Temple
Shri Cutch Satsang Temple

 

Shree Cutch Satsang Swaminarayan Temple


Satsangi è una setta relativamente nuova della religione indù dell'India. Ora hanno iniziato a creare templi fuori dall'India nei paesi e nelle città in cui gli indù hanno una popolazione significativa.

Shree Cutch Satsang Swami Narayan Temple a Mombasa è il primo tempio BAPS costruito fuori dall'India. Fu costruito nel 1957 in Haile Selassie Avenue di Mombasa vicino alla stazione ferroviaria.

Gli idoli primari del tempio furono fatti a Bhoj e a Kutch in India, portati a Mombasa, e installati nel tempio nel 1960 com una appropriata cerimonia.

È un piccolo ma bellissimo tempio decorato con porte ornate e dipinti dalla mitologia indù. Dipinti che rappresentano la vasta mitologia indù e raccontano storie mitiche di questa religione che possono essere viste attraverso il tempio. Hanno anche un grande valore come opere d'arte. Tra i molti templi di Mombasa, il tempio di Swaminarayan attrae molti turisti ogni giorno. Il tempio è un luogo sereno per una visita e un buon posto per saperne di più sulla cultura di Swaminarayan. L'ingresso è gratuito.

 

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